Rolex aumenterà i prezzi nel 2026: cosa cambia davvero e perché
Autore: Carmine Di Donato | Fonte: RecensioniOrologi.it | Pubblicato il:
Dal 1° gennaio 2026 i listini Rolex subiranno un nuovo aumento medio intorno al 7%. Alla base della decisione ci sono dazi più elevati negli Stati Uniti, cambio sfavorevole e rincari delle materie prime, con effetti diretti anche sul mercato dell’usato e sui modelli Certified Pre-Owned.

Negli ultimi giorni, analizzando il materiale ufficiale e i dati che stanno emergendo dal Master Catalog 2026 destinato ai rivenditori autorizzati, è diventato chiaro che il nuovo anno porterà con sé un ulteriore riallineamento dei listini Rolex. Dal 1° gennaio 2026, il marchio della corona applicherà un aumento medio dei prezzi stimato intorno al 7%, una mossa che si inserisce in un contesto economico complesso fatto di dazi doganali più elevati, dollaro debole e costi delle materie prime in crescita. Non si tratta di un intervento isolato né improvviso: è l’evoluzione di una strategia ormai strutturata, che riflette le pressioni macroeconomiche globali e la volontà della maison di preservare il proprio posizionamento ai vertici dell’orologeria svizzera.
| Elemento chiave | Sintesi rapida |
|---|---|
| Aumento medio prezzi | Circa +7% dal 1° gennaio 2026 |
| Acciaio vs oro | Acciaio ~+5,6%, oro ~+9% |
| Motivazioni principali | Dazi USA, cambio dollaro/franco, costo dell’oro |
Entrando nel merito dei numeri, dai listini interni emerge una dinamica piuttosto chiara: gli orologi in acciaio vedranno un incremento più contenuto, attorno al 5,6%, mentre le referenze in oro subiranno rialzi più marcati, prossimi al 9%. Una differenza che non sorprende, considerando il peso sempre maggiore delle materie prime preziose sui costi di produzione. Tradotto in termini pratici, alcuni dei modelli sportivi più richiesti supereranno nuove soglie psicologiche anche al cambio euro, rendendo ancora più evidente come il prezzo di accesso a questi segnatempo stia salendo in modo strutturale e non episodico.
Il vero nodo della questione, a mio avviso, resta legato ai dazi sulle importazioni negli Stati Uniti. Dopo un 2025 già segnato da due ritocchi dei listini, il nuovo aumento di gennaio rappresenta il terzo intervento nel giro di dodici mesi. Inizialmente il marchio aveva assorbito parte dell’impatto, evitando di reagire quando le tariffe erano schizzate fino al 39%, confidando in una revisione al ribasso. La successiva stabilizzazione al 15% ha restituito un minimo di prevedibilità, ma parliamo comunque di un livello nettamente superiore rispetto al passato, quando i dazi si muovevano intorno al 2–3%. È questo squilibrio, più di ogni altro fattore, a spiegare perché il nuovo anno si aprirà con prezzi sensibilmente più alti.
A complicare ulteriormente il quadro contribuisce anche l’andamento dei cambi. Il dollaro statunitense continua a mostrarsi debole rispetto al franco svizzero, una condizione che incide direttamente sui margini di chi esporta e che viene inevitabilmente riflessa sui listini finali. A questo si somma l’aumento del prezzo dell’oro, elemento che pesa in modo diretto sulle referenze bicolore e in metallo prezioso. Mettendo insieme questi fattori, l’incremento medio annunciato per il 2026 appare quasi una conseguenza obbligata, più che una scelta aggressiva, soprattutto se si considera quanto i costi complessivi siano cresciuti nell’arco degli ultimi dodici mesi.
Un aspetto spesso sottovalutato riguarda l’effetto domino sul mercato secondario e sul programma Certified Pre-Owned. Quando i listini ufficiali salgono, l’usato di alta gamma tende ad adeguarsi quasi automaticamente, soprattutto su referenze già difficili da ottenere in boutique. Con liste d’attesa che restano lunghe anni e una disponibilità limitata, è realistico aspettarsi un rialzo parallelo anche per gli esemplari certificati, con valutazioni in euro destinate a crescere in modo coerente con i nuovi prezzi del nuovo. In questo scenario, chi è già in attesa presso un concessionario potrebbe valutare di anticipare l’acquisto entro la fine dell’anno: dal primo gennaio, lo stesso orologio rischia di richiedere un esborso sensibilmente superiore, senza offrire nulla di diverso in termini di contenuto tecnico.
Guardando il quadro nel suo insieme, l’aumento previsto per gennaio può persino sembrare moderato se confrontato con l’accumulo di rincari dell’ultimo anno. In dodici mesi, i prezzi medi sono cresciuti a doppia cifra e la tendenza non riguarda solo un singolo mercato. Anche in Europa, dove finora i listini sono rimasti più stabili, l’inflazione generale e il costo dei materiali spingono verso un inevitabile riallineamento. Per chi segue da vicino il settore, il messaggio è chiaro: il prezzo di questi segnatempo non è più legato soltanto al prodotto in sé, ma riflette sempre di più dinamiche macroeconomiche globali che stanno ridefinendo il concetto stesso di lusso accessibile.
| Fattore | Impatto sui prezzi |
|---|---|
| Dazi USA | Aumento strutturale dei listini 2026 |
| Cambio valutario | Dollaro debole rispetto al franco svizzero |
| Costo dell’oro | Incrementi più marcati sui modelli in metallo prezioso |
| Mercato secondario | Adeguamento verso l’alto dei prezzi dell’usato |
FAQ – Domande frequenti sugli aumenti Rolex 2026
Di quanto aumenteranno i prezzi Rolex nel 2026?
L’aumento medio previsto è intorno al 7%, con differenze tra modelli in acciaio e referenze in oro.
Perché gli orologi in oro aumentano di più?
Il costo dell’oro è cresciuto in modo significativo e incide direttamente sui prezzi finali delle referenze che lo utilizzano.
I rincari riguardano anche l’Europa?
Al momento l’aumento è confermato per gli Stati Uniti, ma un riallineamento dei prezzi europei nel corso del 2026 è considerato probabile.
Conviene acquistare prima di gennaio?
Chi è già in lista d’attesa potrebbe valutare di anticipare l’acquisto, evitando i nuovi listini in vigore dal 1° gennaio.
Il mercato dell’usato sarà influenzato?
Sì, storicamente l’aumento dei prezzi del nuovo trascina verso l’alto anche le quotazioni degli esemplari usati e certificati.